Personaggi illustri

Roberto Rimini

Nasce a Palermo il 24 marzo 1888, dopo aver portato a compimento gli studi tecnici ai quali lo aveva avviato il padre, ottiene di studiare arte a Napoli e di seguito all’Accademia delle Belle Arti di Venezia, dove avrà come maestro Ettore Tito. Dopo aver attivamente partecipato alla grande guerra, torna in Sicilia nel 1919. I nomi di Verga, De Roberto, Brancati ed in seguito quelli di Manzella, Cardinale, Caioli, fanno parte di una frequentazione in cui si intrecciano sentimenti di fraterna amicizia e ricerca di di un respiro culturale con cui dare ossigeno alla propria vita di artista. Rimini ha saputo raccontare, la grande dignità contadina, la fatica del lavoro e l’asprezza della natura di una terra bella e unica come la Sicilia, riuscendo a catturarne la luce. Nel 1937 ottiene la nomina di preside del Liceo Artistico, che mantiene fino al 1940 quando riceve l’incarico per l’insegnamento di anatomia all’istituto d’Arte di Catania. Nel 1949 partecipa ad una mostra di artisti contemporanei siciliani, tenutasi a Palermo e Catania, organizzata dalla Biennale di Venezia. Nel 1952 si stabilisce ad Acitrezza dove il tema dei lavoratori del mare, dei pescatori, si afferma nella sua produzuione. Muore proprio ad Acitrezza il 16 febbraio 1971.


Jean Calogero

Jean Calogero: Catania 20 Agosto 1922 – 15 Novembre 2001. Fin dall’adolescenza ha manifestato la sua passione per il disegno e la pittura e ha cercato negli studi artistici la risposta ai suoi quesiti tecnici, alle sue costruzioni compositive, alle sue necessità espressive.Nella città etnea ha frequentato il Liceo Artistico. Poi i disagi del dopo-guerra e il bisogno di guardare lontano, verso i lu- oghi del confronto delle idee, lo hanno spinto a viaggiare e si è recato in Francia sia per approfondire gli studi che per conoscere le nuove tendenze dell’arte. Nel 1947 è a Parigi dove frequenta i corsi di pittura all’Ecole Des Beaux-Arts. La capitale francese è il luogo ideale per le sue aspirazioni professionali e per i suoi sogni creativi.

Vive in maniera intensa, dedicandosi alla pittura e allo studio e, coinvolto dai momenti più vivaci della vita culturale parigina, partecipa alle mostre e ai dibattiti di maggiore rilievo. Del 1949 è il suo primo contratto artistico, lo firma per la Galerie Hervé di Parigi che, notoriamente in quegli anni, seguiva gli sviluppi della giovane pittura europea. Calogero fa della Francia la sua seconda patria e inizia con coraggio e sentimento una frenetica attività espositiva che, grazie al consenso della critica, lo porterà in giro per il mondo.

Alle innumerevoli mostre parigine, negli anni cinquanta, si aggiungono le esposizioni americane a New York (Associated American Artists, 1952), a Los Angeles (James Vigevano Galleries, 1953) e poi in seguito anche in Giappone e nelle maggiori gallerie italiane. Del 1954 è la sua prima monografia curata da uno dei maggiori critici francesi del tempo, Maximilien Gauthier (Ed. Les Gèmeax, Paris 1954) il quale, con la profondità di analisi che di solito si riserva ai grandi maestri e ai giovani prodigi, traccia in maniera esaustiva la personalità dell’artista e ne espone con chiarezza le aspirazioni. Gauthier non rinunzia all’analisi critica delle opere e scava in maniera incisiva rilevando le scelte formali e la matrice espressiva di Calogero: “Les tableaux de Calogero ont cette luminositè pathétique, inexplicabile, dont on chercherait en vain la recette dans les traités d’est-hétique. Initiés ou profanes, elle nous touche. C’est le grand mystére du talent, un miracle qui s’accomplit sans le secours de la pédagogie et qui n’a jamai été deux fois le même…”.
A Gauthier seguono George Waldemar (1956), Francois Christian Toussaint (1957), Leonardo Sciascia (1969) e poi in tempi più recenti Vanni Ronsisvalle (1977), Vito Apuleo (1979) e Francesco Gallo (1985).
Se George Waldemar mette in evidenza lo spirito d’avventura dell’artista (“Calogero si avvia a conquistare nuovi continenti e isole misteriose. I suoi vivi interessi, il suo osare, il suo spirito d’avventura e il suo istinto come un lirico visionario…”) Sciascia consacra Calogero tra i surrealisti: “Direi, ecco, che Calogero è un surrealista quale poteva nascere in Sicilia: uno che non opera l’epanchement du rêve dans la vie réelle, ma totalmente sfugge alla vita reale”.

Nel 1957 la città di Parigi lo premia con la Grande Medaglia d’Argento, massimo riconoscimento ad artisti viventi, e successivamente, nel 1959, viene inserito nel catalogo internazionale dell’arte BENEZIT tra i più autorevoli della pittura mondiale. Dagli inizi degli anni settanta, dopo avere esposto a Chicago (Florida Gallery, 1970), si fa più presente in Italia ma mantiene il suo studio parigino e continua ad esporre negli Stati Uniti e in Giappone. Dal 1971 la stampa italiana, che per vent’anni avveva riportato l’eco delle mostre francesi e americane, si inserisce nel vivo del dibattito artistico riguardante Jean Calogero grazie a Vincenzo Di Maria.

Il 25 Aprile 1971 dalle pagine de “La Sicilia” Di Maria finalmente chiarisce il rapporto tra Calogero e la sua terra e pubblica una visione struggente della piccola Acicastello. Se a Parigi Jean Calogero rievoca la Sicilia, i suoi miti, i suoi colori forti e luminosi, ora ad Acicastello fa riemergere la capitale francese carica di glamour. Parigi e la Sicilia negli anni settanta, e anche in seguito, costituiranno così la linea preferenziale dei suoi sogni pittorici, dei suoi spostamenti fisici e la critica saprà coglierne puntualmente il significato, il valore. Così scrive Vanni Ronsisvalle a tal proposito: “Jean Calogero è un buon nuotatore ed anche un buon trasvolatore. Un viaggio, due viaggi tre viaggi…Dal vecchio porto di Acicastello…da questo golfo della memoria altrui, che gli fornisce persino il bagaglio, Calogero intraprende i suoi viaggi” (da “Viaggi Innaturali”, Roma 1977).

Anche Francesco Gallo non manca di raccogliere il senso del rapporto tra la Sicilia e Parigi: “Gli anni ottanta di Calogero confermano una sua maturità poetica che fa a gara con una raggiunta omogeneità che hanno ancora come polarità di- dattiche, Parigi e la Sicilia, oggetti di amore e di odio, oggetti che valgono tutta una vita di sogni e di delusioni…” (da “Jean Calogero”, Caltanissetta 1985). Negli anni novanta, lontano da ogni clamore, vive un’intensa stagione artistica caratterizzata dalla presenza delle città vissute e dalle città del sogno. Il suo pennello indagatore, i suoi colori vivaci, il suo segno allegro e festoso viaggiano tra le nuvole e le cupole dei luoghi cari alla memoria, tra il cielo e l’acqua dei mari attraversati

Da Jean Calogero – “Le città del mondo” Acicastello 1996


Antonino Gandolfo

Nasce a Catania il 28 ottobre 1841. Trascorre la sua infanzia tra gli ulivi e i fichi d’india della campagna paterna a Cannizzaro e tra i pennelli dello zio Giuseppe Gandolfo, che fù un importante ritrattista ed il suo primo maestro. Nel 1860, decide di continuare gli studi a Firenze dove frequenta sopratutto lo studio di Stefano Ussi con cui il giovane Antonino , nel 1861, è presente alla mostra nella quale si protestava contro le regole accademiche affermando i valori dei Macchiaioli. Ritornano a Catania, alla fine degli anni 70, inizia la produzione gandolfiana del “quadro sociale” influenzato dalla letteratura internazionale del tempo, ma sopratutto dalla nascente letteratura verista. Gli anni 90 vedono il fiorire della produzione ritrattistica, forse la più originale del Gandolfo. Sulle sue tele finiscono anche gli amici illustri, che incontrava in modo ricorrente, nella sua casa di campagna a Cannizzaro come Verga, Capuana, Rapisardi, De Roberto, Sciuti e molti altri. Nel 1907 viene nominato nella Commissione Ordinatrice per la prima sessione della Mostra di Belle arti e di fotografia per la Sicilia, di cui sarà il vice presidente. Il pittore muore il 21 marzo 1910.


Giacinta Pezzana

Giacinta Pezzana, una emancipazionista mazziniana in Sicilia (1841 – 1919) l’attrice, nota a livello nazionale e internazionale, fu allieva del celebre attore veneziano Gustavo Modena ed intraprese una carriera nella quale uno spazio rilevante ebbero il teatro di educazione e l’arte sociale ispirata ai valori laici del mazzinianesimo, testimoniati per tutta la vita.

Intellettuale femminista in contatto epistolare con personalità notevoli della cultura e della politica italiana, la Pezzana si professò sempre una idealista laica, in lotta contro le ingiustizie e le ambiguità della politica italiana in età liberale; grande ammiratrice della Sicilia, della sua gente e dei suoi costumi, fu una spettatrice ed in parte un’ attrice (politica) d’eccezione dei rivolgimenti di fine secolo in Sicilia.

Ad Acicastello la Pezzana, di origini piemontesi, visse parte della sua vita con il garibaldino catanese Pasqualino Di Stefano e qui vi morì e venne sepolta in una tomba monumentale nel cimitero comunale il 3 Novembre 1919.